Il genitore che tiene una condotta contraria ai doveri genitoriali determina in capo al figlio l’insorgenza del diritto al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale.
Sotto il profilo patrimoniale, il danno è correlato spesso alla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione da parte del genitore, senza identificare tale danno con quello subito dal genitore che da solo abbia mantenuto il figlio.
Sotto il profilo non patrimoniale, invece, è la giurisprudenza a fornire una serie di situazioni che hanno determinato un danno morale o esistenziale. Per citarne alcune, è stato riconosciuto il danno non patrimoniale risarcibile in caso di omesso riconoscimento del figlio oppure in caso di comportamento disinteressato del genitore nei confronti del figlio.
La violazione dei doveri connessi alla responsabilità genitoriale, tuttavia, può dare luogo anche a provvedimenti giudiziari di natura non risarcitoria, ma limitativa o ablativa finalizzata alla tutela del minore.
Nello specifico, a seconda della gravità della condotta tenuta dal genitore, si può fare ricorso alla decadenza o alla limitazione della responsabilità, oppure all’esclusione del genitore dall’amministrazione dei beni del figlio. Legittimati ad agire sono l’altro genitore, i parenti, il p.m o il genitore interessato ma, quest’ultimo, solo in caso di richiesta di revoca del provvedimento. La competenza è del Tribunale per i Minorenni, salvo sia in corso giudizio di separazione o divorzio poiché, in tal caso, la competenza spetta al giudice ordinario.
La decadenza dalla potestà genitoriale (art. 330 e ss. c.c.) è il rimedio maggiormente restrittivo per il genitore che violi o trascuri i suoi doveri con grave pregiudizio del figlio. Il provvedimento, infatti, determina il venir meno dei poteri del genitore decaduto sul figlio, senza tuttavia intaccare quegli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione che discendono dalla nascita e prescindono quindi dalla decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Il genitore decaduto e non reintegrato, inoltre, è escluso dalla successione per indegnità nei confronti del figlio.
La decadenza può cessare con la reintegra del genitore una volta venute meno le ragioni che avevano portato all’emissione del relativo provvedimento.
Quando la condotta del genitore non è grave al punto da determinare la decadenza, pur restando pregiudizievole per il figlio, si può ricorrere ex art. 333 c.c. all’emissione di provvedimenti opportuni da parte del giudice, sempre revocabili e la cui valutazione è rimessa al giudice, oppure all’allontanamento del figlio o del genitore dalla casa familiare.
Altro rimedio limitativo è poi previsto in caso di cattiva gestione del patrimonio del figlio da parte del genitore, che, ai sensi dell’art. 334 c.c., può dunque esserne escluso. In alternativa all’esclusione, il giudice può stabilire le condizioni a cui il genitore deve attenersi nell’amministrare i beni del figlio. Anche in tal caso, come accade per la decadenza, il genitore può essere reintegrato una volta cessate le cause che hanno condotto all’emissione del provvedimento limitativo.
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