Le invalidità matrimoniali, disciplinate dagli artt. 117 ss. c.c., sono dovute alla presenza di anomalie che, a seconda dei casi, determinano la nullità oppure l’annullabilità del matrimonio.
Nello specifico, l’invalidità può essere dovuta all’assenza dei requisiti per contrarre matrimonio, all’incapacità di intendere e di volere, al consenso viziato o a causa della simulazione.
Tuttavia, è possibile che, nonostante la presenza di una causa di invalidità, il matrimonio sia celebrato in buona fede e dunque produca ugualmente effetti in favore di entrambi i coniugi (se entrambi in buona fede) o di uno soltanto (se l’altro era in mala fede perché a conoscenza di una causa di invalidità). Nei confronti dei figli, invece, il matrimonio invalido produce effetti in ogni caso, ossia buona o mala fede di entrambi i coniugi o buona fede di uno soltanto. Per buona fede deve intendersi l’ignoranza o l’errore circa l’esistenza della circostanza che ha determinato la nullità del matrimonio.
ETA’. La legge prevede che possano contrarre matrimonio solo i maggiori di età o i minori che abbiano compiuto i sedici anni se autorizzati dal Tribunale dei Minori. Pertanto, il matrimonio contratto dall’infrasedicenne non autorizzato alle nozze può essere impugnato dai coniugi, dai genitori, dal pubblico ministero o da chiunque vi abbia interesse, a meno che non sia già decorso un anno dal raggiungimento della maggiore età.
STATO LIBERO. Uno dei requisiti per contrarre matrimonio, poi, è la libertà di stato, ossia occorre non essere legati ad un’altra persona in virtù di un precedente vincolo matrimoniale ancora sussistente. La mancanza di tale requisito, dunque, determina la possibilità di impugnare il matrimonio da parte del coniuge, degli ascendenti, del pubblico ministero, di chi abbia un interesse legittimo, nonché da parte del coniuge del bigamo.
ASSENZA DICHIARATA DEL CONIUGE. La legge prevede la possibilità di impugnare il matrimonio contratto dal coniuge di colui che è stato dichiarato assente (essendo trascorsi almeno due anni dall’ultima notizia), nell’ipotesi in cui lo scomparso faccia ritorno o si abbiamo sue notizie.
VINCOLI DI PARENTELA, AFFINITA’ E ADOZIONE. La presenza di un vincolo di parentela, affinità o adozione fra i nubendi rappresenta un impedimento al matrimonio, tranne nei casi in cui tale impedimento sia dispensabile. Se il matrimonio viene celebrato nonostante il divieto, l’impugnazione è soggetta comunque al termine di un anno dalle nozze.
DELITTO. Non possono contrarre matrimonio i nubendi di cui uno sia stato condannato per omicidio doloso consumato o tentato nei confronti del coniuge dell’altro. Il matrimonio celebrato nonostante il divieto di cui all’art. 87 c.c. è nullo e pertanto impugnabile senza limite temporale.
INTERDIZIONE. È annullabile il matrimonio contratto dall’interdetto per infermità di mente, dal momento che tale condizione psico-fisica non gli consente di assumere con sufficiente consapevolezza i doveri nascenti dal matrimonio. Occorre che la sentenza di interdizione sia passata in giudicato e che non siano decorsi più di dieci anni dalla celebrazione del matrimonio o dal passaggio in giudicato della sentenza di revoca dell’interdizione. Inoltre, l’azione non può essere proposta se dopo la revoca dell’interdizione vi sia stata coabitazione per un anno.
INCAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE. Definita anche “incapacità naturale”, il matrimonio contratto in tale condizione è impugnabile dal coniuge che dimostri il suo stato psichico al momento della celebrazione del matrimonio. Trattasi di uno stato che comporta l’eliminazione, anche temporanea, o una importante diminuzione della capacità di autodeterminazione, come, ad esempio, nel caso di ubriachezza, tossicodipendenza o ipnosi. L’azione può essere promossa soltanto dal coniuge incapace entro dieci anni dalla celebrazione delle nozze, a meno che non vi sia stata coabitazione per oltre un anno dopo aver riacquistato la pienezza delle facoltà mentali.
VIOLENZA E TIMORE. Sul presupposto che il consenso delle parti debba essere sempre tutelato, può essere impugnato il matrimonio se il consenso del coniuge è stato estorto con violenza morale, cioè con il fondato timore di subire un male ingiusto. Tuttavia, anche quando il timore non è accompagnato da violenza morale, può determinare la coartazione della volontà del coniuge e dunque l’invalidità del matrimonio.
ERRORE. L’errore in grado di rendere invalido il matrimonio è quello relativo all’identità della persona con cui si contrae matrimonio; è il caso dello scambio di persona, o sulle sue qualità personali che, se conosciute, non avrebbero indotto al matrimonio il coniuge caduto in errore, come, ad esempio, l’esistenza di una malattia, una deviazione sessuale, uno stato di gravidanza causato da persona diversa dal coniuge.
SIMULAZIONE. Il matrimonio è simulato, e dunque impugnabile, quando i nubendi sono d’accordo sul reciproco inadempimento degli obblighi nascenti dal matrimonio. In tal caso però occorre una dichiarazione esplicita ed una volontà in capo ad entrambi gli sposi, non rilevando la riserva mentale unilaterale.
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