Lo Studio assiste i Clienti nei giudizi di divorzio con professionalità e discrezione, forte della dedizione ad una materia così delicata.
Il divorzio può essere chiesto una volta decorsi almeno sei mesi dalla separazione, se la procedura è stata consensuale, oppure dodici mesi se invece la procedura è stata giudiziale. Il termine decorre dall’udienza presidenziale, ossia la udienza di comparizione delle parti dinanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione, anche quando il ricorso giudiziale si sia poi trasformato in consensuale e indipendentemente dalla presenza di figli.
La presenza di una precedente separazione personale dei coniugi rappresenta il motivo principale di divorzio dal punto di vista statistico. In verità, altre cause sono elencate tassativamente nell’art. 3 della legge n. 898/1970: si tratta delle ipotesi in cui uno dei coniugi abbia attentato alla vita o alla salute dell’altro coniuge o della prole, oppure abbia compiuto specifici reati contrari alla morale della famiglia.
Il divorzio determina lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio a seconda che sia stato contratto matrimonio con rito civile o matrimonio concordatario e comporta altresì l’estinzione dello status di marito e moglie. Le conseguenze sono tante, fra le quali la perdita del diritto all’eredità, la perdita del cognome, la possibilità di contrarre nuovo matrimonio civile.
Tra le altre conseguenze vi sono anche il diritto alla pensione di reversibilità da parte del coniuge che aveva diritto all’assegno di mantenimento e che non si è risposato, purché il rapporto di lavoro da cui deriva il trattamento pensionistico sia precedente alla sentenza di divorzio. Tale diritto non viene perso in caso di presenza di un nuovo coniuge, con eguale diritto alla pensione di reversibilità, ma la percentuale viene stabilita tenendo conto, fra l’altro, della durata di entrambi i matrimoni.
Tale coniuge, inoltre, ha diritto inoltre ad una percentuale del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge pari al 40%, riferito agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso col matrimonio e anche nel caso in cui il t.f.r. fosse erogato dopo la sentenza di divorzio.
Come la separazione, anche il divorzio può essere congiunto (consensuale) o giudiziale. Nel primo caso c’è accordo fra i coniugi sulle condizioni, che saranno poi vagliate dal giudice, nel secondo caso invece tale accordo non sussiste e il divorzio viene presentato su ricorso da parte di un solo coniuge.
Le condizioni contenute nella sentenza emessa dal giudice saranno modificabili, come nel caso della separazione, in presenza di fatti e circostanze non conosciute all’epoca o sopravvenute.
Il giudice si pronuncerà sugli aspetti personali e patrimoniali che discenderanno dal divorzio, disporrà in merito all’affidamento della prole e anche sull’assegno divorzile.
E’ importante sottolineare che il D.L. 132/2014 ha introdotto la negoziazione assistita. Secondo questo nuovo istituto, che rappresenta l’alternativa celere alla classica procedura che prevede il passaggio dinanzi al giudice, le coppie che oggi intendono separarsi, divorziare o modificare le condizioni di separazione o divorzio in modo consensuale, hanno la possibilità di accorciare notevolmente i tempi rivolgendosi ciascuno al proprio legale. Saranno quindi i rispettivi avvocati a riportare per iscritto gli accordi, a chiedere alla Procura della Repubblica il nulla osta o l’autorizzazione, e successivamente ad inviare l’accordo all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato iscritto o trascritto per la relativa annotazione. Il tutto in tempi davvero molto brevi e senza passare dal Tribunale.
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