Ai sensi degli artt. 84 e ss. c.c., i requisiti indispensabili per contrarre matrimonio, tanto da determinarne l’invalidità o l’irregolarità in caso di mancanza, sono l’età, la capacità, la libertà di stato e l’assenza di legami di parentela, affinità o adozione tra i futuri sposi.
Altro requisito fondamentale è la diversità di sesso tra i nubendi, dal momento che le coppie omosessuali possono ricorrere alla nuova “Legge Cirinnà” per vederne riconosciuta l’unione civile.
ETA’. L’art. 84 c.c. prevede che i minori di età non possano contrarre matrimonio. Tuttavia, il minore che abbia compiuto i sedici anni può essere autorizzato alle nozze dal Tribunale per i Minorenni, previo accertamento della sua maturità psico-fisica ad assumere i diritti ed obblighi nascenti dal matrimonio. Il Tribunale deve poi valutare la fondatezza delle ragioni poste a sostegno dell’istanza di autorizzazione, nonché la presenza di gravi motivi. In altri termini, il giudice deve vagliare la reale volontà del minore di contrarre matrimonio, negando l’autorizzazione qualora essa fosse gravemente condizionata dalla volontà altrui; è il caso, ad esempio, del cd. matrimonio riparatore cui si fa spesso ricorso in presenza dello stato di gravidanza della futura sposa, di per sé considerato irrilevante se non accompagnato da un sufficiente grado di maturità della minore.
CAPACITA’. Secondo l’art. 85 c.c. l’interdetto per infermità mentale non può contrarre matrimonio, data l’incapacità di assumere gli obblighi da esso nascenti. Non sono soggetti al medesimo divieto l’interdetto legale, l’inabilitato e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, a meno che, per quest’ultimo, non sia espressamente previsto il divieto alle nozze.
LIBERTA’ DI STATO. L’art. 86 c.c. prevede che non possa convolare a nozze chi ha già contratto in precedenza matrimonio civile. Ciò è dovuto al principio monogamico vigente nell’ordinamento italiano, tanto che la bigamia costituisce reato. Lo stato libero può essere tuttavia riacquistato, con conseguenze possibilità di contrarre nuovamente matrimonio, con la sentenza di scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili (ossia “divorzio”), con la delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio canonico, con la morte del coniuge o con la sua dichiarazione di morte presunta.
VINCOLO DI PARENTELA, AFFINITA’ O ADOZIONE. E’ l’art. 87 c.c. a vietare il matrimonio fra coloro che sono legati da vincoli di parentela in linea retta all’infinito e in linea collaterale entro il secondo grado, affinità in linea retta o adozione, con il fine di proibire l’incesto, previsto dalla legge come reato. In alcuni casi tuttavia l’impedimento è dispensabile, vale a dire che i futuri sposi possono chiedere congiuntamente al Tribunale di essere autorizzati a contrarre matrimonio, esponendone le ragioni.
DELITTO. Secondo l’art. 88 c.c. non possono contrarre matrimonio due persone, una delle quali sia stata condannata per omicidio doloso consumato o tentato del coniuge dell’altra, ciò al fine di evitare che si raggiunga l’obiettivo sacrificando la vita altrui.
DIVIETO TEMPORANEO DI NUOVE NOZZE. L’art. 89 c.c. impedisce alla donna di contrarre nuovo matrimonio prima che siano decorsi trecento giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio precedente. Trattandosi di divieto dispensabile, il Tribunale può autorizzare il matrimonio, accertata l’insussistenza di uno stato di gravidanza o l’assenza di coabitazione con l’ex coniuge nei trecento giorni precedenti lo scioglimento del matrimonio. Tale divieto tende ad evitare che operi la presunzione di paternità in costanza di matrimonio per i figli nati prima del decorso di tale termine; pertanto esso non opera in caso di matrimonio dichiarato nullo per impotenza a generare anche soltanto di uno dei coniugi.