Quando una coppia di genitori si separa, il giudice provvede all’affidamento dei figli in forma congiunta o esclusiva. L’affidamento congiunto, meglio conosciuto come affido condiviso, rappresenta per il giudice la scelta da valutare in via prioritaria ai sensi della L. 54/2006, poiché permette ad entrambi i genitori di mantenere il maggior contatto con i figli, pur essendovi un solo genitore convivente, laddove invece l’affidamento esclusivo tende a limitarli nei confronti del coniuge non affidatario.
I figli hanno comunque il diritto di mantenere un rapporto continuativo sia con genitori, che con i nonni e i parenti di entrambi i rami familiari.
Nel provvedimento, il giudice provvede anche in ordine al diritto di visita del genitore non convivente o non affidatario, perché non sia pregiudicato dalla “lontananza” nel suo rapporto con i figli, e stabilisce la misura e le modalità con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento, all’educazione e alla cura degli stessi.
In caso di affidamento esclusivo, il coniuge affidatario ha inoltre la potestà sui figli, provvede alla gestione dei loro beni e ne ha l’usufrutto.
La regola vuole inoltre che il coniuge affidatario o il genitore convivente sia anche colui al quale viene assegnata la casa coniugale per consentire ai figli di rimanere nella residenza di famiglia.
Il coniuge non affidatario, invece, è tenuto a versare mensilmente un assegno di mantenimento per la prole, nonché a corrispondere la metà delle spese straordinarie (mediche, scolastiche, sportive, ricreative etc.), rimborsandole eventualmente all’altro genitore dietro presentazione di documentazione comprovante la spesa sostenuta.
Tale assegno cessa di essere corrisposto nel momento in cui i figli raggiungono un’indipendenza economica, e dunque l’obbligo può sussistere, o continuare a sussistere, anche a favore dei figli maggiorenni.
Analogamente deve dirsi per quanto riguarda l’affidamento dei figli in caso di divorzio, poiché anch’esso è disciplinato dalla L. 54/2006.
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